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Michelangelo a Roma

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Michelangelo a Roma
Biblioteca di Istanti di Bellezza
Michelangelo- La creazione di Adamo - Cappella Sistina
Roma al tempo di Michelangelo
Il XIV secolo, con l'assenza dei papi durante la cattività avignonese, era stato un secolo di abbandono e miseria per Roma, giunta ai minimi storici in quanto a popolazione. Il ritorno del papa diede nuovo slancio allo sviluppo, non solo artistico, della città: infatti il papato assume un ruolo sempre più determinante nello scenario politico europeo e Roma diviene crocevia di interessi internazionali che le danno un carattere assolutamente cosmopolita. In questo contesto il rinnovamento urbano promosso dai pontefici diviene la principale occasione di lavoro per molti architetti ed artisti: non è un caso, quindi, che le maggiori personalità del tempo si incontrino a Roma, facendone il laboratorio del rinascimento. Questo ruolo di capitale dell’arte, Roma lo conserverà almeno per tre secoli, grazie anche al barocco e al neoclassicismo. I primi sentori di quel rinnovamento si colgono fin dalla metà del Quattrocento, attraverso gli interventi urbanistici voluti prima da Sisto IV, con la realizzazione della via Sistina, poi con Alessandro VI Borgia, promotore della via Alessandrina. Ma è nel primo decennio del Cinquecento, a partire dal pontificato di Giulio II, che si compiono i passi decisivi che porteranno Roma ad essere un formidabile centro di avanguardia artistica. Giulio II promuove un programma di rinnovamento politico religioso impostato sul binomio "renovatio imperii" e "renovatio ecclesiae", coinvolgendo economia, politica, arte e urbanistica.
È stato detto che Roma non sarebbe la stessa se Michelangelo non fosse mai esistito. Quello tra la città e l’artista è un rapporto che comincia presto, nel 1497, con Michelangelo poco più che ventenne, e finisce con sua morte, il 18 febbraio 1564, nella sua casa romana presso il Foro Traiano. A Roma Michelangelo ha avuto le committenze più prestigiose, ma anche i suoi amori e delle sue amicizie intellettuali. Roma è stata teatro di incontri e scontri dell’artista con alcuni pontefici: incontri e scontri senza i quali alcune delle sue opere più belle non avrebbero mai visto la luce.
Biografia di Michelangelo Buonarroti
Michelangelo Buonarroti, figlio di Ludovico Buonarroti Simoni e di Francesca di Neri, nasce a Caprese, presso Arezzo, nel 1475. Ancora bambino viene portato dalla famiglia a Firenze per essere avviato agli studi umanistici, ma ben presto dimostra una forte inclinazione al disegno che lo porta nel 1488 a frequentare la bottega di Domenico Ghirlandaio e poco dopo il circolo artistico del giardino di San Marco, patrocinato da Lorenzo il Magnifico. Intorno al 1490 si stabilì nel palazzo dei Medici a Firenze e a quest’epoca risalgono le prime opere, la Centauromachia e la Madonna della Scala, scolpiti tra il 1490 e il 1492 (oggi si trovano a Firenze presso la Casa Buonarroti). Nel 1494, a seguito delle voci di una prossima caduta dei Medici, Michelangelo si trasferisce a Bologna dove scolpisce le figure di San Petronio, San Procolo e un Angelo per l’Arca di San Domenico. Tornato a Firenze nel 1495 realizza il Bacco Ubriaco (museo del Bargello). Si dirige quindi a Roma ove scolpisce per il cardinale francese Lagranlos la "Pietà" Vaticana, oggi in San Pietro. Fra il 1501 ed il 1505 è di nuovo a Firenze e produce una serie di capolavori: il "Tondo Doni" (Uffizi), il "Tondo Pitti" (Museo del Bargello), il Tondo Taddei (Londra, Royal Academy), la Madonna con il Bambino per la chiesa di Notre-Dame a Bruges, il perduto cartone per l'affresco della "Battaglia di Cascina" e il David per piazza della Signoria. Nel marzo del 1505 papa Giulio II chiama l'artista a Roma per commissionargli il monumento sepolcrale, dando così l'avvio ad una vicenda di contrasti con il pontefice e i suoi eredi, che si concluderà soltanto nel 1545 con la realizzazione del complesso oggi in San Pietro in Vincoli. Dopo un passaggio a Firenze e poi a Bologna, nel maggio del 1508, dopo una clamorosa rottura e riappacificazione con papa Giulio II, sottoscrive il contratto per la decorazione del soffitto della Cappella Sistina che lo impegnerà ininterrottamente fino al 1512.
Dal 1516 a Firenze si occupa del progetto della mai realizzata facciata di San Lorenzo, e dal 1521 al 1534,  delle Tombe medicee della Sagrestia Nuova e della Biblioteca Medicea-Laurenziana. A Roma tra il 1519 e il 1520 aveva lavorato al Cristo Portacroce per Santa Maria sopra Minerva, ma è proprio a Roma che nel 1534 Michelangelo si stabilisce definitivamente. In quello stesso anno inizia i lavori per il Giudizio Universale nella Cappella Sistina che verrà terminato nel 1541. Tra il 1542 e il 1550 si dedica agli affreschi per la cappella Paolina, e ai progetti architettonici, come il compimento di Palazzo Farnese, la sistemazione del Campidoglio, e soprattutto i lavori per San Pietro, alla cui fabbrica viene preposto da Paolo III nel 1547.
Nell’ultimo periodo realizzò sculture ispirate al sacrificio di Cristo: la Pietà da Palestrina (Firenze, Galleria dell’Accademia), la Pietà del Duomo di Firenze (ora nel Museo dell’Opera del Duomo) e la Pietà Rondanini (Milano, Castello Sforzesco).Michelangelo, ammirato senza riserve da alcuni, odiato da altri, onorato dai papi, imperatori, principi e poeti, già dai contemporanei acclamato come il maggiore artista di tutti i tempi muore all’età di 90 anni, il 18 febbraio 1564 nella sua casa presso il Foro di Traiano. Inizialmente sepolto nella basilica dei Ss. XII Apostoli, le sue spoglie vengono reclamate dalla città di Firenze dove vengono deposte definitivamente nella Chiesa di Santa Croce.
dove si trovano le opere di Michelangelo a Roma
Biblioteca di Istanti di Bellezza
Schede delle opere
La Pietà
gruppo scultoreo,1497-1499, basilica di San Pietro in Vaticano
Fu commissionata a Michelangelo dal cardinale francese Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII, re di Francia. La maggior parte dei critici è concorde nel riconoscere nell'iconografìa della Pietà la ripresa di un tema tipicamente nordico, piuttosto inconsueto per la tradizione scultorea italiana, che ne prediligeva altre rappresentazioni, come il momento della deposizione di Cristo dalla croce o quello della collocazione nel sepolcro. Nell'iconografia nordica la Vergine era però rappresentata anziana e straziata dal dolore. Michelangelo la presenta ancora giovane e con il volto composto, velato di tristezza, chiusa in un dolore profondo ma umanissimo, espresso principalmente dal capo reclinato. Sorregge amorevolmente il corpo del figlio ugualmente giovane, invitando chi guarda a provare per Lui il suo identico dolore. E’ una forma di dolore intrisa di grande spiritualità e fede religiosa, intesa non come disperazione lacerante, ma come un sentimento di accettazione della volontà di Dio. Questa contraddizione colpì molto i contemporanei e vennero avanzate anche forti critiche per l'interpretazione così originale, troppo lontana dall'iconografia tradizionale. Soprattutto venne criticata l'eccessiva bellezza e l'aspetto troppo giovanile delle figure, sostenendo che una madre non poteva apparire più giovane del proprio figlio. Michelangelo si difese rispondendo che le donne pure, come Maria, mantenevano in eterno un ideale aspetto giovanile: la sua era una bellezza "divina", non umana, quindi non poteva essere soggetta al tempo che scorre. La Pietà è l'unica opera firmata dallo scultore, sulla fascia diagonale che attraversa il petto della Vergine si legge: "Michaelangelus Bonarrotus Florentinus. Faciebat" .


tomba di Giulio II
gruppo scultoreo, 1505-1542, basilica di S. Pietro in Vincoli
Fu uno dei progetti più complessi di Michelangeloin in quanto lo occupò per circa 40 anni. Fu profondamente ridimensionato rispetto all’idea iniziale e alla fine dopo interminabili vicende e  litigi con il committente e i suoi eredi venne collocato in una chiesa “minore” come S. Pietro in Vincoli invece che al centro della Basilica di S. Pietro come da progetto. Lo stesso artista parlò di questa committenza come della "tragedia della sepoltura". Delle oltre quaranta statue previste ne vennero realizzate soltanto sette, di cui solo tre scolpite da Michelangelo,  il Mosè e le statue raffiguranti Lia e Rachele.
Volta della Cappella Sistina
affresco, 1508-1512, Musei Vaticani
La volta della Cappella è considerato uno dei capolavori assoluti dell’arte occidentale. Commissionato da papa Giulio II, fu un’immane sfida per Michelangelo che, oltre a non sentire la pittura come arte a lui più congeniale (si dichiarò sempre scultore), terminò la complessa decorazione, di quasi 500 m², in un tempo relativamente breve e quasi in solitaria. Michelangelo rappresentò sulla volta le storie dell’umanità “ante legem”, cioè prima che Dio inviasse le Tavole della Legge a Mosè. Le decorazioni della volta contengono la rappresentazione di sette profeti (Giona, Isaia, Ezechiele, Daniele, Geremia, Zaccaria, Gioele) e cinque sibille (Persica, Libica, Eritrea, Delfica, Cumana) sedute su troni, fiancheggiati da pilastrini sorreggenti una cornice delimitante uno spazio centrale suddiviso in senso longitudinale dalla continuazione delle membrature architettoniche. Ai lati dei troni vengono rappresentate nove storie della Genesi. Tra un trono e l’altro vi sono figure che reggono ghirlande di foglie di quercia e medaglioni bronzei. Nelle lunette e nelle vele, che le raccordano alla volta sono rappresentate le quaranta generazioni degli antenati di Cristo. Le storie della Genesi che si susseguono in ordine cronologico sono: la Separazione della luce dalle tenebre, Creazione degli astri, Separazione delle acque, Creazione di Adamo, Creazione di Eva, Peccato originale, Sacrificio di Noè, Diluvio universale, Ebbrezza di Noè.
Mosè
scultura, 1513-1515, S. Pietro in Vincoli
E' una scultura marmorea di 235 cm di altezza, databile al 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542, e conservata nella basilica di San Pietro in Vincoli, nel complesso statuario concepito quale Tomba di Giulio II. Tra le prime scolpite per il progetto del mausoleo del papa, fu anche l’unica tra quelle pensate fin dall’inizio ad essere usata nel ridimensionato risultato finale, che vide la luce solo dopo quarant’anni di tormentate vicende. Il Mosè, grazie al suo vigore, al virtuosismo anatomico e alla sua imponenza (proporzionato al doppio del naturale) è una delle opere scultoree più famose di Michelangelo e della scultura occidentale.
edicola della cappella dei Ss. Cosma e Damiano
opera architettonica, 1514-1515, Castel Sant'Angelo
L’Edicola marmorea nel lato sud del Cortile d’Onore fu progettata da Michelangelo tra il 1514 e il 1516 come prospetto della “chapella nuova” dei Santi Cosma e Damiano eretta da Leone X, il cui emblema campeggia al centro del frontone, poi modificata da Raffaello da Montelupo. Dopo il restauro del 1987 è stato ripristinato l’originario progetto michelangiolesco, ad eccezione del sedile, aggiunto anch’esso agli inizi del secolo in base a disegni allora ritenuti autografi.
Cristo risorto o della Minerva
scultura, 1519-1520, S. Maria sopra Minerva
La statua fu commissionata da un gruppo di nobili romani (Bernardo Cencio, Mario Scappucci, Pietro Paolo Castellano e Metello Vari) a Michelangelo nel 1514. Non soddisfatto da una prima versione (oggi nel monastero di San Vincenzo a Bassano Romano), allo scadere del contratto l'artista si dedicò a questa seconda versione. La sbozzò a Firenze e la inviò poi a Roma per farla completare ad alcuni suoi discepoli (Pietro Urbano e Federico Frizzi). Michelangelo rimase deluso del loro lavoro, mentre la committenza ammirò il risultato. Il panneggio in bronzo che copre la parti basse del Cristo dorato venne aggiunto in un secondo momento per “salvaguardare il pudore” della statua, nell’ambito delle nuove idee della Controriforma, come era avvenuto con le “braghette” con le quali furono coperti i nudi del Giudizio Universale.
il Giudizio Universale
affresco, 1536-1541, Musei Vaticani
E' un affresco (13,7×12,2 m) realizzato tra il 1536 e il 1541 per decorare la parete dietro l’altare della Cappella Sistina. Si tratta di una delle più grandiose rappresentazioni della parusia, ovvero dell’evento dell’ultima venuta alla fine dei tempi del Cristo per inaugurare il Regno di Dio, nonché di un capolavoro dell’arte occidentale in generale, amato e celebrato in tutto il mondo. La grandiosa composizione si incentra sulla figura dominante del Cristo, colto nell'attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio Universale. Al centro è raffigurato Cristo, circondato dai santi e con la madre al suo fianco, con il braccio destro alzato in un gesto di dannazione mentre con la mano sinistra chiama gentilmente a sé i beati. La Madonna sotto il suo braccio, raggomitolata, quasi impaurita, raccolta in un manto blu, degno della tradizione, spettatrice di quel tumulto di movimento, di quel vortice di carne e spirito. Ella è l'avvocata nostra, colei che aiuta prima ancora che noi si domandi: rappresenta l'aspetto dolce del divino che non smette di mostrarsi neanche nell'ultimo drammatico istante.
Michelangelo riesce a trasmettere tutta la forza del terrore per questo istante supremo, quando il destino si compie inesorabilmente e non c’è più tempo o possibilità di riparare ai propri errori. L’istante rappresentato da Michelangelo finisce per avere un significato universale, perché è come se rappresentasse l’attimo in cui la vita finisce e non c’è più speranza alcuna. In questa inesorabile fine, destino di tutti gli uomini, Michelangelo coinvolge tutto, anche ciò che l’uomo ha creato: nell’affresco non c’è infatti traccia alcuna di architetture, o di altre opere dell’uomo, a significare che alla fine non resterà più nulla. Una visione tragica del destino dell’umanità, che in questo affresco ha una rappresentazione insieme monumentale e commovente.
L’intero affresco è dominato dalla figura umana, presentata quasi sempre totalmente nuda. I corpi sono quelli tipici dello stile michelangiolesco, rappresentati con grande espressività e potenza. L’enorme quantità di nudi suscitò non poche perplessità tanto che, già alla morte di Michelangelo, nel 1564, la chiesa intervenne per coprire alcune delle nudità più manifeste. Venne dato incarico a Daniele da Volterra di apportare alcune modifiche all’affresco di Michelangelo, proprio per realizzare panneggi su alcune parti intime delle figure. Nonostante ciò, l’affresco non ha perso la sua forte potenza espressiva che oggi, dopo i recenti restauri di ripulitura, si presenta ancora come una delle opere pittoriche più intense della storia dell’arte.
piazza del Campidoglio
progetto di sistemazione urbanistica - (1538-1552)
La risistemazione della piazza gli fu commissionata da papa Paolo III, per risolvere lo stato di degrado in cui versava il colle (già dal Medioevo il luogo era in un tale stato di abbandono da essere chiamato anche “monte caprino”, in quanto vi pascolavano le capre). Michelangelo riprogettò completamente la piazza, disegnandola in tutti i particolari e facendola volgere non più verso il Foro Romano ma verso la Basilica di San Pietro, che rappresentava il nuovo centro politico della città. Conservò l’orientamento obliquo delle preesistenze, ottenendo uno spazio aperto a pianta leggermente trapezoidale sulla quale allineò le nuove facciate di palazzo Senatorio e di Palazzo dei Conservatori. Allo scopo pensò di costruire un nuovo palazzo, detto per questo Palazzo Nuovo, per chiudere la prospettiva verso la Basilica di S. Maria in Aracoeli. Gli edifici vennero dotati di un ordine gigante a pilastri corinzi in facciata, con cornici e architravi mentre la pavimentazione della piazza venne disegnata secondo un reticolo curvilineo inscritto in un'ellisse con al centro il basamento ad angoli smussati per la statua del Marco Aurelio.  Oltre al gruppo equestre, sistemò le antiche statue del Nilo e del Tevere ai piedi della scalinata a due rampe di palazzo Senatorio. In questo contesto si inserisce anche la progettazione della scalinata della Cordonata e la balaustra da cui ci si affaccia alla sottostante piazza d’Aracoeli.
Cappella Paolina-Palazzo Apostolico
La cappella dei Santi Pietro e Paolo, più conosciuta con il nome di cappella Paolina, derivato da papa Paolo III, che la fece progettare, costruire e affrescare, è una cappella del Palazzo Apostolico nella Città del Vaticano. Aveva funzioni di cappella "parva" palatina, cioè piccola in contrapposizione alla cappella "magna", cioè la Cappella Sistina. Paolo III incaricò Michelangelo di decorare la cappella con affreschi, con le storie dei primi apostoli. L'artista lavorò all'opera mentre contemporaneamente lavorava alla tomba di Giulio II e dipinse due affreschi: il primo raffigurante la Conversione di Saulo, realizzato tra il 1542 e il 1545; il secondo la Crocifissione di Pietro, realizzato tra il 1546 e il 1550. Attualmente, la cappella è chiusa al pubblico e al di fuori del percorso dei Musei Vaticani in quanto luogo di preghiera privato del Papa.
Conversione di Saulo, affresco, 1542-1545

Realizzato per primo, l'affresco è ispirato alla conversione di Saulo narrata negli Atti degli apostoli. Diversamente dalla tradizione, la figura di Saulo precipitato a terra non occupa il centro della composizione, costituito invece dalla figura del cavallo che galoppa verso lo sfondo. In cielo è raffigurata  la figura sospesa di Cristo, circondata da numerose figure rivolte verso il raggio di luce che, partendo dal braccio destro teso di Cristo, raggiunge la terra e sconvolge gli uomini. Lo sguardo di Cristo è rivolto alla porta d'ingresso e al visitatore che la varca, mentre il suo braccio teso indica verso l'altare. Il volto di Saulo è un autoritratto dell'artista.
Martirio di Pietro, affresco, 1545-1550
La Crocifissione di San Pietro raffigura il momento immediatamente precedente il martirio di San Pietro, collocato a testa in giù sulla croce che viene issata. Michelangelo avrebbe qui magistralmente risolto un annoso problema nella rappresentazione del martirio di Pietro. Il fatto che l’apostolo sia stato crocifisso a testa in giù ne ha infatti sempre reso difficoltosa e poco efficace la rappresentazione. Questa posizione finiva sempre per mettere in primo piano gli astanti, piuttosto che il protagonista dell’evento. Michelangelo invece, bloccando l’evento all’attimo prima che la croce venga issata e aiutandosi con la forte pendenza data al suolo, mette finalmente S. Pietro al centro della scena. È l'ultimo affresco dipinto da Michelangelo.

Lia e Rachele
sculture, 1542 circa, S. Pietro in Vincoli
Queste due opere fanno parte della lunga e complessa serie legate al monumento funebre a Papa Giulio II, un lavoro che vide impegnato Michelangelo per circa quaranta anni. I due personaggi biblici rappresentano due stili di vita diversi ma non in contrasto: Lia rappresenta la cosiddetta “vita attiva”, ovvero colei che cerca la propria salvezza nell’operare ed aiutando gli altri; Rachele invece, rappresentata mentre prega, indica la cosiddetta “vita contemplativa”, ed incarna colei che trova la salvezza attraverso la Fede.


Basilica di San Pietro in Vaticano
progetto e direzione del cantiere, 1546-1563
Al ritorno dei papi da Avignone la basilica di San Pietro era già fatiscente. Già sotto il pontificato di Niccolò V era iniziata una graduale ristrutturazione ed un parziale ampliamento della chiesa, ma fu Giulio II ad ordinare la ricostruzione inaugurando la nuova fabbrica di San Pietro nel 1506. Il primo architetto incaricato della progettazione fu il Bramante; alla sua morte erano già stati innalzati i quattro enormi pilastri e i rispettivi archi che sarebbero andati a sorreggere la cupola di 40 m di diametro. Nei successivi trent'anni la supervisione dei lavori passò da un architetto all'altro, tra i quali Raffaello e Giuliano da Sangallo, con modifiche e controversie tra gli artisti incaricati della progettazione. Una delle discussioni più accese fu quella tra il Peruzzi e Antonio da Sangallo parente di Giuliano: il primo sosteneva il progetto bramantesco, mentre il secondo appoggiava quello di Raffaello, ovvero a pianta longitudinale con la cupola al centro del transetto. La questiona si risolse quando l'incarico nel 1547  venne affidato a Michelangelo. i problemi più rilevanti che dovette affrontare furono quelli della progettazione e dell'organizzazione del cantiere. Rivide gli studi del Sangallo giudicandoli insoddisfacenti e ripartì dal progetto del Bramante, ma con una concezione più vigorosa e semplificata. Sostituì la croce latina con la greca accentuando la maestosità dell'opera e il vigore delle figure definendo le mura col ritmo serrato dei giganteschi pilastri a ordine unico e del cornicione sovrastante. Studiando nuove soluzioni per la cupola, il cui valore simbolico era fondamentale visto che doveva sovrastare la tomba di San Pietro, si rifece al progetto del Brunelleschi per la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Nei suoi disegni conservò gli oculi nel tamburo e riprese la struttura a doppia calotta: all'interno semisferica, mentre all'esterno a estradosso rialzato che slancia la struttura verso l'alto. Purtroppo Michelangelo morì prima di vedere innalzata la cupola e riesce soltanto a supervisionare la costruzione del tamburo; la cupola verrà completata da Giacomo della Porta e Domenico Fontana.
palazzo Farnese
completamento della facciata (1546-1550)
Michelangelo subentrò nel 1546, alla morte del Sangallo, primo architetto del palazzo. Fu lui ad ideare il cornicione che incorona la facciata. Composto di una larga fascia di fiori di giglio, nasconde elegantemente il tetto. Proseguì con altre modifiche aprendo la loggia del primo piano circondandola con quattro colonne verde antico in cui inserì lo stemma pontificale con sopra le chiavi e la tiara.
Cappella Sforza
progetto, 1562, Santa Maria Maggiore
Questa cappella si può considerare il "vero testamento artistico" di Michelangelo. Iniziata nel 1564, lo stesso anno della sua morte, venne successivamente portata a termine da Giacomo della Porta, rispettando, scrupolosamente, i disegni lasciati dal Maestro. È un mirabile esempio di semplicità: quattro gigantesche colonne e relativa trabeazione, fanno da cornice ad una bellissima volta a vela. E’ dedicata alla Madonna dell’Assunta, a cui si riferisce la pala d’altare; ai lati vi sono le tombe del committente, il cardinale Guido Ascanio Sforza, e suo fratello Alessandro, anch’egli cardinale.
Santa Maria degli Angeli
progetto, 1561 circa
Quando nel 1561, Pio IV concesse i resti delle Terme ai Certosini, Michelangelo, ormai 86enne,  fu incaricato di stendere il progetto della trasformazione del complesso. Ebbe l'intuizione di lasciare intatte le strutture romane dell’aula rettangolare delle Terme, utilizzando gli ambienti termali per creare l’abside e includendo nella nuova chiesa anche i vani angolari delle diverse vasche che furono trasformati in cappelle laterali. Fu verosimilmente Michelangelo a delineare  anche la costruzione della Certosa e del Chiostro grande  comunemente noto come Chiostro di Michelangelo, per la diffusa idea che sarebbe da lui stato realizzato; in realtà è più probabile ritenere che egli abbia realizzato i disegni preparatori e che abbia partecipato solo alle fasi iniziali della costruzione prima della sua morte nel 1564, anche considerando che la data di inizio lavori iscritta sulla colonna angolare di fronte al portone di accesso è quella del 1565.
Porta Pia
progetto, 1561-1565
Commissionata da Pio IV Medici (da cui il nome) può essere considerato l'ultimo lavoro architettonico di Michelangelo. L'opera, costruita interamente in travertino e mattoni, fu costruita su disegno di Michelangelo tra il 1561 e il 1565 in sostituzione della Porta Nomentana. Secondo quanto riferisce il Vasari, Michelangelo presentò al pontefice tre diversi progetti, «tutti stravaganti e bellissimi»; per questa ragione il papa optò più pragmaticamente per il più economico. Non si conoscono i tre disegni, né si ha la certezza che l’opera fu effettivamente realizzata sul progetto originario, in quanto fu completata dagli assistenti, dopo la sua morte nel 1564.


Bibliografia:
M. Alvarez Gonzalez - Michelangelo - Mondadori Electa, 2008
Fondazione Museo Roma - Il Rinascimento a Roma, 2011
Comune di Roma- Michelangelo a Roma - Elio De Rosa Editore, 2008
Michelangelo Buonarroti - Wikipedia.it
Michelangelo Buonarroti - Atlantedellarteitaliana.it
Sergio Natalizia - 2016
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