Rione Castro Pretorio
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Le fontane di Castro Pretorio
Fontana delle Naiadi
Situata al centro di piazza della Repubblica, la Fontana delle Naiadi è sicuramente la più bella tra le fontane moderne di Roma. Costruita nel 1888 su progetto di Alessandro Guerrieri che attorno alla grande vasca circolare pose quattro leoni di gesso; questi vennero poi sostituiti nel 1901 dai quattro gruppi di bronzo dello scultore Mario Rutelli. Le Naiadi erano le ninfe delle acque, apportatrici di fecondità e di ristoro e protettrici del matrimonio; quelle rappresentate sono la ninfa dei laghi, riconoscibile dal cigno che tiene a sé, la ninfa dei fiumi, sdraiata su un mostro dei fiumi, la ninfa degli oceani, in sella su un cavallo simbolo del mare, e la ninfa delle acque sotterranee, poggiata sopra un drago misterioso. Al centro si trova il gruppo del Glauco (1912), simboleggiante il dominio dell'uomo sulla forza naturale. L'acqua proviene dalla fonte dell'acqua Marcia, fra le più famose di Roma. Prima che venisse scolpito il Glauco, il Rutelli aveva collocato al centro della fontana tre tritoni con un delfino e un grosso polipo. Tutto quel groviglio di pesce fu subito soprannominato, dai romani, “fritto misto” e attualmente si trova in una fontana di Piazza Vittorio, sul fianco del ninfeo dell’Acqua Giulia. La fontana fu al centro di molte polemiche in quanto le Naiadi da qualcuno erano ritenute offensive al pubblico pudore: furono pertanto nascoste per un certo periodo da una staccionata in attesa dell'inaugurazione ufficiale che tardava a giungere. Forse la vecchia Roma papalina mal sopportava che di fronte alla basilica di S. Maria degli Angeli, fossero mostrate queste bellezze femminili, cui avevano fatto da modelle alcune ragazze di Anticoli Corrado, paesino vicino Roma, famoso per l'avvenenza delle sue donne. La sera del 10 febbraio 1901, incuriosita dalle discussioni capitoline e dalle polemiche giornalistiche, una gran folla di gente si era andata ammassando attorno allo steccato che il Comune non si decideva ancora ad abbattere, nonostante che l’opera fosse compiuta da vari giorni. Stanchi di curiosare attraverso le fessure, qualcuno cominciò a scavalcare, altri a schiodare il tavolato, finché incoraggiandosi l’un l’altro, fra una confusione generale lo steccato fu completamente abbattuto. In gran fretta, intanto, si era andati a chiamare dal vicino albergo del Quirinale lo stesso Rutelli (il quale è assai probabile non fosse estraneo a quella faccenda), affinché presenziasse a quella improvvisata inaugurazione delle sue “ciociare ubriache”. Il giorno dopo il giornale “La Capitale” scriveva: “Ma come suole avvenire nei casi in cui l’attesa è grande e certo non corrispondente alla realtà delle cose, le sculture delle fontane non fecero arrossire nessun viso, né eccitarono soverchiamente i sensi dei chierichetti della basilica di fronte che onorarono di loro presenza la singolarissima inaugurazione”. Nei giorni successivi, tra i visitatori illustri si registrò anche la regina Margherita: l'eco delle polemiche aveva suscitato la sua curiosità. Giunta in carrozza ordinò al cocchiere di fare il giro della fontana ben tre volte e ripartì mostrando un vivo compiacimento.
Proprio per le polemiche suscitate, la fontana è entrata anche tra i temi trattati negli stornelli del Sor Capanna, il popolare cantastorie romano del primo novecento:
"C'è a piazza delle Terme un funtanone / che uno scultore celebre ha guarnito / co' quattro donne ignude a pecorone / e un omo in mezzo che fa da marito. / Quanto è bello quer gigante / Iì tra in mezzo a tutte quante: / cor pesce in mano /annaffia a tutte quante er deretano".
Fontana del Mosè
È la mostra dell'Acqua Felice. Inaugurata nel 1587 insieme all'acquedotto, fu realizzata su disegno di Domenico Fontana, architetto di fiducia di Sisto V, ispirandosi alle tipologie dell'arco trionfale e del ninfeo. Sotto il grande attico (iscrizione con soprastante stemma sorretto da angeli) si aprono tre nicchioni: in quelli laterali, Aronne guida il popolo ebreo a dissetarsi (G.B. Della Porta) e Giosuè fa attraversare agli Ebrei il Giordano asciutto (F. Vacca), al centro la colossale e sproporzionata statua del Mosè di L. Sormani e P. Bresciano. Dalla base dei nicchioni l'acqua sgorga nelle vasche ornate di quattro leoni (copie degli originali egizi trasferiti da Gregorio XVI nei Musei Vaticani); la balaustra marmorea che le cinge proviene da un edificio del tempo di Pio IV.
I romani, molto sensibili in materia d'arte, trovarono subito la statua tozza e grottesca: biasimarono il gesto enfatico delle mani, l'aspetto tronfio, il drappeggio goffo del pesante paludamento e lo battezzarono il "Mosè ridicolo". Alle pesanti critiche fecero riscontro alcune pasquinate, una delle quali così descrive il Mosè:
"Guarda con occhio torvo l'acqua che sgorga ai piè
pensando inorridito al danno che a lui fe' uno scultor stordito."
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